Le condizioni di vita dei pensionati

Cosa dicono gli ultimi dati Istat

L’Istat, a metà dicembre, ha pubblicato un focus sulle condizioni di vita dei pensionati contenente dati dettagliati basati dall’integrazione delle informazioni derivanti dal Casellario centrale dei pensionati con con i risultati dell’Indagine campionaria su reddito e condizioni di vita dei cittadini e della Rilevazione sulle forze di lavoro.

Dal focus emerge che, nel 2015, i pensionati presenti nel Casellario centrale sono circa 16,2 milioni e percepiscono in media 17.323 euro. Il reddito medio di quelli residenti in Italia (nel 2014) è stato di 13.760 euro annui.

Le ritenute fiscali hanno inciso in media per il 18,6% (+1% rispetto all’aliquota effettiva 2013) ma, per i pensionati di vecchiaia e anzianità l’aliquota sale al 21,4%; per quelli di reversibilità scende invece al 14,8% e non supera il 12,3% per i beneficiari di trattamenti d’invalidità ordinaria o indennitari.

Tra il 2014 e il 2015 il numero di pensionati è sceso di ben 80mila unità confermando una tendenza iniziata già nel biennio precedente: i nuovi pensionati (quelli che hanno iniziato a percepire una pensione tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2015) sono quindi meno numerosi dei pensionati cessati, quelli cioè che nello stesso periodo hanno smesso di percepire trattamenti (641 mila contro 721 mila).

Le donne sono il 52,8% e ricevono in media importi di circa 6mila euro inferiori a quelli maschili. I redditi dei nuovi pensionati sono mediamente inferiori a quelli dei cessati (15.197 contro 16.015 euro) e ai redditi dei pensionati sopravviventi (17.411 euro).

Il cumulo di più trattamenti pensionistici sullo stesso beneficiario è meno frequente tra i pensionati di vecchiaia (cumula più trattamenti il 27,6%), mentre è molto più diffuso tra i pensionati superstiti (67,4%), in grande maggioranza donne (86,9%).

Nel 2015 i pensionati che risultano occupati sono stati 442mila (-14,3% rispetto al 2011) e sono di sesso maschile in tre casi su quattro. In relazione alla professione esercitata, circa il 41% dei pensionati che lavorano svolge una professione qualificata, il 31% è operaio, circa un quarto è impiegato e appena il 3,4% ha una professione non qualificata.

Le famiglie con pensionati sono stimate in 12,4 milioni: per quasi i due terzi di queste  i trasferimenti pensionistici rappresentano oltre il 75% del reddito familiare disponibile. La stima del reddito netto medio delle famiglie con pensionati è di 28.410 euro, circa 2 mila euro inferiore a quello delle famiglie senza pensionati (pari a 30.460 euro).

Quasi la metà dei pensionati non ha un titolo di studio o possiede al massimo la licenza elementare; appena un quarto ha conseguito il diploma. Se il pensionato possiede un titolo di studio pari alla laurea, il suo reddito lordo pensionistico (circa 2.660 euro mensili in media) è più che doppio di quello delle persone senza titolo di studio o con al più la licenza elementare (1.160 euro mensili in media).

Nel 2014, il rischio di povertà tra le famiglie con pensionati è più basso che nelle altre famiglie (stima pari al 16,5% contro il 22,5%). In molti casi il reddito pensionistico sembra dunque proteggere da situazioni di forte disagio economico.

Le pensioni ai superstiti sono state, nell’86,9% dei casi, erogate a donne, che hanno una speranza di vita più elevata degli uomini e anche gli importi medi sono più alti rispetto a quelli degli (ex) mariti (9.007 euro contro 5.766), essendo l’importo del trattamento legato al pregresso contributivo del coniuge defunto.

Gli anni di contributi versati dai lavoratori dipendenti e autonomi al momento del pensionamento sono, in media, pari rispettivamente a 33,2 e 33,6 (35 anni in media per entrambi). I dati di fonte Forze di lavoro consentono di descrivere le dinamiche del mercato del lavoro e di analizzare gli andamenti rispetto a numerose caratteristiche socio-demografiche. La crisi economica del 2009, per esempio, ha generato una forte contrazione dell’occupazione che ha interessato in particolare la componente maschile e le fasce di età giovani e adulte.

Nel periodo 2011-2015 il calo complessivo dell’occupazione (-133 mila unità) è stato determinato esclusivamente dagli occupati fino a 59 anni, che sono diminuiti di quasi 700 mila unità (-3,3%).

Gli occupati con almeno 60 anni sono invece cresciuti di 563 mila unità (+48,2%), con incrementi percentuali più elevati per le donne. Questi andamenti derivano anche dalla riforma Fornero introdotta a partire dal 2012 che, attraverso l’inasprimento dei requisiti anagrafici e contributivi, ha indotto per via normativa a un prolungamento delle carriere lavorative.

Per approfondire, lo studio dell’Istat

Facebook
LinkedIn
WhatsApp

Potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca