Post Covid: verso un nuovo welfare?

L’opinione di Stefano Ronchi, presidente esecutivo di Vis Valore in Sanità

La pandemia Covid-19 ha mostrato definitivamente la corda del welfare pubblico, da anni in calo? Per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare diversi aspetti. Innanzitutto, va distinta la componente sanitaria da quella previdenziale e assistenziale. Certamente sul lato degli ammortizzatori sociali sono emerse le inefficienze del sistema burocratico, che hanno reso lento l’intervento dello Stato a favore delle famiglie e dei lavoratori in cassa integrazione.

Occorre quindi riflettere sul fatto che il problema non è di sistema di welfare, ma appunto burocratico. Adesso, infatti, lo snellimento della burocrazia è diventato uno dei temi principali di governo e con esso la digitalizzazione, ma questa non è l’unica soluzione. Il digitale è uno strumento che senza interventi adeguati sui processi e sulle persone poco può fare per risolvere il problema della burocrazia. In questo senso, ricordo sempre le parole del mio ceo, Gianroberto Casaleggio, in Telecom ai tempi del primo New Deal di internet, alla fine degli anni 90: lui affermava che la rete sarebbe stata una rivoluzione, ma non legata alla tecnologia, ai software, bensì alle nuove relazioni tra le persone e tra queste e le organizzazioni che l’avvento di internet avrebbe comportato.

Per dirla in altro modo, la soluzione alla burocrazia non è questione di tecnologia, ma di competenze e le competenze presuppongono una rivoluzione di approccio culturale al lavoro. A questo proposito, mi trovo pienamente in linea con quanto Manageritalia sta promuovendo in termini di valorizzazione di competenze e di ripensamento dei modelli di lavoro.

Un cambiamento culturale necessario

In sintesi, la soluzione per un miglioramento del pubblico deve passare da un cambiamento culturale e da un ripensamento dei modelli di organizzazione del lavoro e dei rapporti tra lavoratori e aziende. Questo inciderà anche sul sistema previdenziale che, visti i limiti finanziari del nostro paese, dovrà basarsi, a mio avviso, ancora di più su un’integrazione tra sistema pubblico e privato, ma quello derivante dagli accordi tra parti sociali e non da quello assicurativo che è meramente di mercato. 

Sul lato sanitario, invece, pur evidenziando dei limiti principalmente legati all’eterogeneità dei sistemi sanitari regionali, il sistema si è dimostrato forte e ancora una volta uno dei più efficienti al mondo, forse il migliore, Germania a parte.

Anche in questo caso occorrerà lavorare molto su un partenariato pubblico-privato. Le risorse pubbliche non sono sufficienti a coprire tutti i bisogni, nonostante i soldi che arriveranno dall’Europa e che aiuteranno molto il Paese, ma certo non potranno rendere il sistema sanitario sostenibile.

Gli aiuti europei permetteranno, se ben utilizzati, di coprire dei gap, occorrerà poi assicurare una sostenibilità al sistema, che potrà arrivare solo da combinazione di risorse pubbliche con private. Alludo al sistema dei fondi sanitari “veri”, quelli derivanti da accordi bilaterali tra parti sociali.

Modelli di riferimento

Il modello Manageritalia-Confcommercio è certamente uno dei più evoluti, insieme a quello di Confindustria-Federmanager, e dovrebbero essere presi a riferimento dal governo nello studio di proposte per il futuro. 

Il ruolo di un’associazione di rappresentanza e sindacato come Manageritalia – nel dibattito e nell’azione per migliorare il welfare come strumento di benessere e competitivo per le persone, le aziende e il sistema – è chiaro. Ritengo che Manageritalia abbia dimostrato con i fatti, con uno dei migliori sistemi di welfare contrattuale, che ha esperienza e competenze per collaborare con il governo nella ricerca di nuovi modelli di welfare. Inoltre, al suo interno dispone di competenze che dovrebbero essere utilizzate anche a livello sperimentale.

Anche noi di Vis Valore in Sanità vogliamo dare il nostro contributo nel proporre e sperimentare nuove soluzioni di modelli di sanità. Abbiamo quindi istituito un comitato scientifico composto da eccellenze italiane provenienti dal mondo pubblico e privato della sanità italiana, con particolare riguardo alla telemedicina: abbiamo per questo affidato un incarico al Politecnico di Milano.

Crediamo che la telemedicina possa rappresentare uno strumento valido da affiancare (e non sostituire) ai modelli organizzativi sanitari, per rendere più efficiente il sistema sanitario nazionale e migliorarne la qualità.

La pandemia e l’Italia

L’Italia è stata una delle nazioni che ha dovuto affrontare per prima la pandemia e per questo è stata sotto stress più di altre, ma ora la situazione appare sotto controllo e certamente stiamo meglio delle maggiori potenze al mondo che ora stanno soffrendo. 

È da più parti parso evidente che nel pieno della pandemia alcuni aspetti di welfare contrattuale e aziendale (smart working, supporti sanitari ecc.) siano risultati vincenti per persone e aziende.

La strada giusta è quella del welfare contrattuale e della negoziazione con le parti sociali per valorizzare soluzioni che sono state sdoganate da questa pandemia, come lo smart working, che però deve essere usato in regime normale come soluzione di flessibilità e non sostitutivo del lavoro tradizionale: a mio avviso la socialità che offre la vita di ufficio è fondamentale.

A livello di welfare aziendale sono state addirittura introdotte polizze a coperture del ricovero per Covid-19. Si è trattato di un’attenzione forte alle persone, ma in ottica di emergenza. Va invece affrontata la questione in una prospettiva di lungo periodo: i fondi sanitari hanno risorse e pubblico per sperimentare soluzioni senza ricorrere a polizze che offrano anche presidio, oltre che copertura ai costi.

È fondamentale ripensare i modelli di organizzazione del lavoro e di rapporti tra datore e lavoratore. In questo senso, una collaborazione forte tra governo e parti sociali per sperimentare nuovi modelli di welfare rappresenta una priorità. Non deve però ridursi a mera contrattazione di condizioni economiche, ma deve essere studio e sperimentazione sul campo di nuove soluzioni.

L’impatto della digital transformation

Il welfare si sta sempre più digitalizzando. La rivoluzione digitale ha determinato la trasformazione di interi settori e il settore del welfare non è immune da questa rivoluzione. Le logiche che caratterizzano l’epoca della digitalizzazione stanno impattando sempre di più anche sui modelli di organizzazione ed erogazione dei servizi alla persona. A tal proposito vorrei citare la nostra recente esperienza di digitalizzazione avuta con Vis – Valore in Sanità e le misure Covid adottate dai sistemi di welfare italiani. Le casse di previdenza, a seguito dell’emergenza, hanno ampliato la loro offerta di welfare anche con servizi di video consulenza con medici certificati fruibili tramite la Vis Card di Vis. Come dicevo prima, si sta ormai prendendo coscienza della necessità di avere una sempre più efficace telemedicina, per questo abbiamo lavorato per ottenere servizi innovativi e nuove modalità di fruizione di consulti medici rispondendo a queste esigenze. 

Le opzioni sul piatto sono tante e l’innovazione è il must con il quale dobbiamo guardare al futuro anche consci che cambieranno modelli di vita e di lavoro e il welfare dovrà seguirli o meglio favorirli e accompagnarli.

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